Nel 1156 il vescovo Galgano, appartenente alla potente famiglia dei Pannocchieschi di Elci entrò in lite con il conte Ranieri per la divisione dei possessi di Gerfalco e di Travale.
Nel 1158 a risolvere la questione fu chiamato il giudice Balduino che, assistito dal suo segretario di fiducia, si recò al castello di Travale per raccogliere le necessarie testimonianze. Furono interrogati sei uomini di Travale e sei di Fosini che, sotto giuramento, dovevano chiarire l’appartenenza dei singoli territori all’una o all’altra corte.
Mentre si sono conservate le deposizioni degli uomini di Travale, riportate nella pergamena, mancano quelle degli uomini di Fosini e manca anche la sentenza finale del giudice: non sappiamo perciò come andò a finire la lite.
Il cancelliere trascrive le testimonianze sulla pergamena nel latino dell’epoca, ma quando a testimoniare sono i popolani trascrive le loro parole esattamente come le pronunciarono: in volgare, appunto.
La più importante testimonianza è quella di Pochino detto Pietro, il quale, per testimoniare che il podere di Casamagi appartiene alla corte di Travale, riferisce le parole di Malfredo di Casamagi che faceva la ‘guaita’ (guardia) a Travale: “sero ascendit murum et dixit: guaita, guaita male non magiai ma’ mezo pane”.
Il testimone riferisce cioè che Malfredo quella sera mentre saliva sugli spalti del castello di Travale, disse: “La guardia fa male la guardia: non mangia che mezzo pane”, affermando cioè a malincuore che era stanco di fare la ‘guaita’ (guardia), servizio a malapena ricompensato con un pezzo di pane.
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