All’interno dell’eremo c’è una cappella, detta anche «rotonda» per via della forma circolare della struttura centrale, dove, a un paio di metri dall’altare, è conficcata in una roccia una vecchia spada di ferro, oggi protetta da una teca trasparente perché negli anni Novanta del Novecento qualcuno provò a estrarre l’antica arma provocando seri danni.
E qui comincia la leggenda che si intreccia con documenti e fatti veri che la storia ci ha tramandato e che non lasciano alcun dubbio: quella spada è la vera Excalibur, la mitica spada di Re Artù.
Ma andiamo con ordine…
L’abbazia di San Galgano fu costruita a cominciare dal 1218 per iniziativa dei monaci cistercensi. Costruita in tempi rapidi prosperò per oltre un secolo, acquisendo un ruolo di rilievo nella ricca economia della zona e nelle stesse istituzioni della città di Siena.
Il lento declino cominciò nel 1348, quando la peste nera falcidiò tutta la zona e, dopo un lungo contenzioso con Siena, persa l’autonomia (nel 1576 pare che vi abitasse un solo monaco).
Dopo un incerto tentativo di restauro, le piombature del tetto furono vendute, gli infissi e gli arredi saccheggiati. E oggi quel che resta dell’intero complesso monastico sono delle maestose mura con le navate e alcune sale, tra cui quella splendida del refettorio. Abbastanza per colpire i visitatori di tutto il mondo.
Galgano Guidotti nacque nel 1148 a Chiusdino da una famiglia di piccola nobiltà locale, e morì il 3 dicembre 1181.
Visse la sua adolescenza da cavaliere libero e incline ai divertimenti più sfrenati, finchè la sua vita cambiò radicalmente, diventando un vero Santo Cavaliere di Dio.
Un giorno, mentre viaggiava il suo cavallo si rifiutò di continuare e di sua iniziativa lo condusse a Montesiepi, esattamente nello stesso edificio tondo dove precedentemente aveva incontrato i dodici apostoli.
Galgano non ebbe alcun dubbio: quello era un luogo sacro e meritava una croce. Provò a cercare del legno per costruirla ma non lo trovò, allora decise di prendere la propria spada e conficcarla nella roccia. E la spada entrò come se la roccia fosse terra morbida. In questo modo apparve una croce praticamente perfetta.
Poi, mentre indossava il suo mantello come saio, una voce santa lo invitò a fermarsi in quel luogo e fu così che Galgano iniziò la sua vita da eremita, vivendo da quel giorno nei boschi e nutrendosi solo di erbe selvatiche.
Durante un suo pellegrinaggio a Roma tre ladri tentarono di rubare la spada ma, non riuscendoci, la ruppero. Al ritorno il santo trovò la spada spezzata e si ritenne responsabile dell’accaduto per essersi allontanato. Intervenne la voce divina che gli disse di unire i pezzi e così facendo la spada si ricompose miracolosamente.
Da allora Galgano restò in quel luogo fino alla fine dei suoi giorni, morendo in preghiera sulla spada nella roccia. Quattro anni dopo venne santificato da papa Lucio III e il culto di San Galgano si diffuse ovunque tra i cavalieri e San Michele Arcangelo diventò il protettore della cavalleria.
La popolarità di San Galgano nei secoli sta in quella spada conficcata nella roccia. Ma non si tratta soltanto di un mito ma di un fatto talmente serio da scalfire la primazia di quell’altra spada nella roccia cui sono stati dedicati fiumi di pagine e poi, nell’era dell’immagine, film e documentari: la spada di re Artù e il ciclo bretone che ne parla.
Ma come da anni si affannano a ripetere alcuni studiosi, per esempio Mario Moiraghi, autore de «L’enigma di San Galgano» (Ancora editore), San Galgano batte Re Artù in maniera chiara e limpida se ci si vuole attenere ai fatti storici
Per prima cosa Galgano Guidotti è un personaggio realmente esistito come attestano gli antichi documenti, mentre re Artù e i suoi cavalieri appartengono al mondo delle leggende.
Gli atti del processo di beatificazione inoltre risalgono al 1185, cinque anni prima del «Perceval» di Chrétien de Troyes e venticinque anni prima del «Parzival» di Wolfram von Eschenbach. Ma non finisce qui.
La spada di San Galgano ha tutti i numeri per sconfiggere sul piano storico quella di Re Artù, che non è stata mai vista né analizzata da nessuno: per gli esperti di armi medioevali, oltre che per alcune analisi chimiche, risalirebbe effettivamente al dodicesimo secolo.
Gli studiosi hanno trovato anche un collegamento tra San Galgano e Re Artù: il nome Galgano è molto simile a Galvano, uno dei cavalieri della tavola rotonda. Altro collegamento evidente è quello della via Francigenza che attraversava la Val di Merse collegandola con la Francia medioevale di Chrétien de Troyes, il grande artefice del ciclo bretone.
A far conoscere in Francia la storia di Galgano sarebbe stato un altro eremita, Guglielmo di Malavalle che potrebbe essere non soltanto di origine francese ma uno dei re di Aquitania ritiratosi nei pressi di Castiglione della Pescaia, non lontano da San Galgano, dopo una crociata.
Il vero mito della spada nella roccia sarebbe dunque nato in Toscana alla fine del 1100 anche se secondo la leggenda re Artù sarebbe vissuto molti secoli prima
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