MOSTARDA ALL’USO TOSCANO

INGREDIENTI

  • 1 kg di uva bianca e nera (1/3 nera e 2/3 bianca)
  • 500 kg di mele renette
  • 1 pera grande matura
  • 60 g di cedro candito
  • 120 g di Vin Santo
  • 20 g di senape in polvere
  • Sale q.b.
  • Cannella in polvere q.b. (facoltativa)

PREPARAZIONE

  1. Prendere gli acini d’uva e schiacciarli all’interno di un recipiente per farli fermentare per circa 24 ore. 
  2. Eliminare i residui di buccia utilizzando un passaverdure in modo da ottenere un composto omogeneo e liscio: il mosto d’uva.
  3. Sbucciare e tagliare a fettine sottili sia le mele che le pere
  4. Metterle in un pentolino insieme al Vin Santo e far cuocere fino a quando il vino non sarà completamente assorbito.
  5. Aggiungere il mosto d’uva precedentemente ottenuto ed il sale
  6. Continuare la cottura fino a quando non si ottiene un composto omogeneo, dalla consistenza tipica della confettura
  7. Raffreddare il tutto
  8. Tritare finemente il cedro candito.
  9. Aggiungere la senape in polvere al composto e in ultimo anche il cedro.

La mostarda tipica toscana non ha nulla a che vedere con le salse prodotte nelle altre regioni e ha un sapore davvero speciale. A renderla così eccezionale sono gli ingredienti, alcuni dei quali si trovano solo in Toscana come il Vin Santo, che le conferisce un gusto ed un profumo unico.

LA STORIA DAI TEMPI DAI MEDICI

Anche la Toscana vanta origini antiche per questa preparazione aromatizzata e piccante, usata per accompagnare le carni. Nel medioevo era presente solo sulle tavole dei signori perché ricca di spezie costose. Nel libro di Pellegrino Artusi è la ricetta numero 788 e si intitola

“La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”: una salsa sublime per accompagnare sia bolliti che arrosti di suino e di carni rosse in genere. Giovanni Righi Parenti nella raccolta “La cucina toscana” fa questa premessa storica prima della ricetta: “Si preparava sin dai tempi medicei facendo concentrare il mosto d’uva dove si bollivano mele e arance a cui veniva dato il savore con le spezie più variate, tra cui dominavano il pepe, lo zenzero, il chiodo di garofano”

IL MOSTO COTTO E L’ORIGINE DEL NOME

La parola mostarda deriva da mustum ardens, che a partire già dal XIV secolo compare in italiano con il significato di “mosto cotto con senape”.

Sull’uso delle uve e della preparazione della mostarda ne scrive già Francesco Tommasi da Colle Val d’Elsa, Medico e Filosofo, nel suo libro “Reggimento del padre di Famiglia” (Firenze 1580) “empiono un paiuolo o caldaro di acini d’uve, o bianche o rosse come a lor piace, di poi finiscon d’empier detto paiuolo di mosto negro o bianco: si bolle tanto che cali per metà, si cola per setaccio o stamigna, di nuovo si rimette a bollire, si sala quanto è espediente, et ultimamente vi si mette e mescola della senape pesta, e preparata in questo modo, cioè si tien per lo spazio di due notti in molle in aceto forte, e tanta se ne pon dentro, quanto basta a far la mostarda, o men dolce o più forte secondo i gusti di coloro, a’ quali piace: ma si passa per setaccio, acciocché gli acini, arilli, e fiocini rimanghin fuor del mosto: e gli si dà il sale, acciocché si conservi più tempo: e questo è il modo, che s’usa in Toscana”.

 

LA CONSERVAZIONE

La preparazione è lunga, ma non è troppo laboriosa e si può utilizzare nei mesi invernali come una qualsiasi conserva. La mostarda toscana si può preparare infatti in qualsiasi momento e in grandi quantità. Basta infatti procurarsi dei vasetti per il sottovuoto per gustarla anche in pieno inverno oppure regalarla. Insomma, una ricetta da fare assolutamente, anche perché è molto più semplice di quello che si pensa!

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