La piazza principale di Bagno Vignoni si chiama Piazza delle Sorgenti ed è costituita da una grande vasca medievale dove l’acqua sgorga a 50°.
Tarkovskij la scelse per ambientarci la sua Nostàlghia, ma prima di lui Fellini, Lorenzo il Magnifico, Pio II, Santa Caterina da Siena, imperatori romani e tanti altri nei secoli si sono innamorati di questo magico luogo della Val d’Orcia.
Le loro storie hanno qualcosa in comune: le acque termali di Bagno Vignoni.
Fu Federico Fellini a far conoscere Bagno Vignoni allo sceneggiatore Tonino Guerra: il grande regista italiano lo frequentava per le indiscusse proprietà delle acque termali, particolarmente efficaci contro malattie artroreumatiche e nevralgiche.
Siamo nei primissimi anni ottanta e un altro grande regista, il russo Andrej Tarkovskij, si innamorò di Bagno Vignoni. Fu Tonino Guerra a portarcelo, convinto che quel luogo fosse perfetto per le scene principali di Nostàlghia: all’epoca Tarkovskji era esule in Toscana e chiese al grande sceneggiatore italiano di scrivere con lui la sceneggiatura di quello che fu il suo penultimo film.
Tarkovskij rimase profondamente impressionato dalla piazza di Bagno Vignoni: non c’era il lastricato in selce con al centro il monumento alla personalità locale come solito trovare nelle piazze dei paesi, ma una larga vasca rettangolare chiusa su tre lati da una cinta di mura alta circa un metro e mezzo e dove l’acqua termale sgorga a 42°C. Intorno edifici cinquecenteschi, realizzati da Bernardo Rossellino per volontà di Pio II e il loggiato dove sostava Caterina da Siena.
Nostàlghia vinse il Grand Prix al festival del cinema di Cannes 1983.
“Primieramente il Bagno di Vignone, così nominato dal Castello ivi vicino, è accomodato e circondato di palazzi e di osterie e ha una Cappella nel mezzo. È di figura quadrata, tutto bello, divisa la fonte in due parti, che col tetto difende dalla pioggia gl’inermi che ivi dentro si bagnano; ma sono per tutto luoghi da ritirarsi, dove ascosi e guardati possono uomini e donne bagnarsi. Prendono quelle acque la virtù loro dal ferro, dall’albume e da poco rame, con mischianza di oro e di argento. Conferiscono al fegato, alla milza e allo stomaco, stemperato e a tutte le membra che concorrono al nutrimento”.
Anno 1334, Relazione di Iacomo Tondi al Magistrato di Siena
I romani, grandi amanti delle terme, non si fecero sfuggire l’acqua caldissima di Bagno Vignoni, un regalo dell’Amiata, antica montagna di origine vulcanica: costruirono un primo insediamento introno alle sorgenti sulfuree (anche se molti studiosi ritengono che fosse abitato già in epoca etrusca).
L’attuale forma di Bagno Vignoni risale al medioevo, quando il paese fu luogo di lotte e omicidi: feroce fu lo scontro tra i Salimbeni e Siena per il possesso della Val d’Orcia. Nel 1600 il bagno fu concesso dal granduca di Toscana Ferdinando II alla famiglia Amerighi, che vi costruirono le prime locande per i bagnanti, tra cui la locanda del Leone, ancora esistente.
Nel 1676, la proprietà passò alla famiglia Chigi, che ancora oggi proprietaria di molte parti del paese.
Il massimo splendore iniziò nel ‘400 quando Bernardo Rossellino, l’architetto che creò Pienza, la città dell’harmonia mundi voluta da Pio II, costruì intorno alla vasca un palazzo rinascimentale che si slancia dalle acque come una visione. Erano gli anni dell’umanesimo di Enea Silvio Piccolomini, che si recava spesso a Bagno Vignoni per immergersi nelle sue acque.
Il furor poetico di origine umanistica continuò anche nel ‘500: un’iscrizione dedicata alle naiadi, con versi in greco scolpiti sul marmo, oggi nel loggiato, fu scritta nel 1532 dal dotto senese Lattanzio Tolomei: “O Naiadi che abitate in questa casa di acque calde / diffondendo continuo fuoco misto alle onde, / liberando sempre nelle vostre correnti / molti degli uomini gravemente ammalati, / dall’odiosa morte, io vi saluto, / e voi porgete in abbondanza le acque, / salute degli uomini. / Scorrete vaghe o buone sorgenti / e scorrendo recate agli ammalati / la sanità, ai sani un dolce bagno. / Facendo cosa grata a entrambi”.
Lorenzo il Magnifico soggiornava spesso a Bagno Vignoni, amante dell’arte, della natura e delle acque meravigliose e benefiche. Si dice che rimanesse incantato al centro della piazza del Paese ad ammirare il paesaggio circostante, con il corpo immerso nella vasca.
Si, perché la piazza principale di Bagno Vignoni è costituita da un’immensa vasca di acque calde e vaporose, che in inverno creano una suggestione magica, immerse nel paesaggio leonardesco che circonda il paese. L’acqua ha infatti sostituito la pavimentazione tipica della piazza italiana.
Oltre alle locande furono costruiti anche dormitori per pellegrini e amanti dei bagni termali: due locali divisi, uno per le donne e uno per gli uomini, esistenti tuttora. La distinzione è prevista nello Statuto della città di Siena, di cui Bagno Vignoni fu proprietà dall’inizio del 1417, quando il feudatario Salimbeni la vendette al Comune. Anche le vasche erano separate e per tutta l’antichità ne esistette una terza dedicata ai cavalli.
La fama delle acque di Bagno Vignoni e delle sue proprietà curative fu talmente ampia che Lapa, la madre di Caterina da Siena, vi portò la figlia per distoglierla dalle asprezze della penitenza che continuamente perseguiva per avvicinarla ai piaceri del mondo. Caterina però riuscì a mutare a suo pro ciò che la madre desiderava per lei: simulando di volersi meglio bagnare, si portava verso i canali, lungo i quali scorrevano le acque sulfuree, e sopportando sulla tenera carne le acque bollenti, affliggeva il suo corpo assai più che batterlo con la catena di ferro.
Il Parco dei Mulini è un percorso archeologico che si snoda ai margini del borgo di Bagno Vignoni ed inizia con le vasche e le cisterne di raccolta dell’acqua di scolo proveniente dalla principale vasca termale del paese. Dalle vasche poste sulla sommità della collina l’acqua inizia la sua discesa verso il fondovalle alimentando gli antichi mulini.
Si tratta di quattro mulini scavati nella roccia, un’ opera di ingegneria idraulica molto complessa che ne permetteva il funzionamento anche in estate perché alimentati da una sorgente termale costante, ma obbligava a lavorare in ambienti caldi e umidi, dato che la temperatura dell’acqua alla sorgente è di circa 50 °C. La Val d’Orcia è infatti ricca di cereali e l’utilizzo di mulini si rivelò fondamentale sin dal Medioevo.
A Bagno Vignoni si macinava anche d’estate, quando gli altri mulini erano bloccati per la scarsità delle acque. L’attività dei mulini andò avanti fino al secondo dopoguerra.
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