LE ORIGINI DELLA RIBOLLITA
La stagione fredda delle campagne toscane, la famiglia raccolta attorno alla tavola, il calderone di rame al centro del camino, il profumo del cavolo in ebollizione: da secoli la ribollita è sinonimo di cucina popolare povera toscana. Le famiglie infatti si arrangiavano preparando abbondanti zuppe a base di legumi e verdure che facevano ribollire con i residui di pane provenienti dalle mense dei nobili oppure dalla cottura settimanale nei forni comuni.
Era conosciuta come “zuppa toscana di magro dei contadini” e infatti l’Artusi la chiama così.
Nella Firenze seicentesca di Cosimo II de’ Medici il cultore di gastronomia Giovanni Del Turco descrive nel suo libro di ricette “Epulario e segreti vari. Trattati di cucina toscana nella Firenze seicentesca” una minestra che andava molto in voga a corte:
“Prendi due o tre cipolle grosse e nettale dalla prima scorza et così intere mettetele in una pignatta d’aqqua che non sia piena affatto, acciò poi vi si possa mettere il cavolo et in quella pignatta metti come si è detto le cipolle, olio et sale e lasciale cuocere bene et una ora avanti a desinare vi metterei a cuocere il cavolo et poi si mandi in tavola con fette di pane sotto.”
Pane raffermo e cavolo nero. Ancora oggi l’essenza della ribollita è questa.