La leggenda del cacciucco di Livorno

Livorno è la città DEL mare, nel senso che la città e tutti i suoi abitanti appartengono al mare, sono del mare. I livornesi vivono il mare tutto l’anno fin dal primo giorno della loro vita, basta un raggio di sole e sono in spiaggia o sul lungomare. Tra gli aneddoti che si raccontano in città c’è quello del colloquio di lavoro di un livornese selezionato da un’importante multinazionale che rifiuta il posto perché la pausa pranzo non è abbastanza lunga: “un’ora e mezza? dé e come faccio a andà al mare?”. Insomma Livorno e il mare sono tutt’uno. E dove poteva nascere se non a Livorno il piatto di pesce più saporito, originale e creativo?

Per raccontare la storia del cacciucco bisogna innanzitutto fare un breve accenno alla storia di Livorno.

Il nome

La parola “Livornia” è attestata per la prima volta nel 1017 e deriva dal nome di persona romano di origine etrusca, Liburnius. Secondo altre ipotesi liburna è un tipo di nave veloce da guerra. Per altri invece deriva dal nome del popolo illirico dei Liburni. Sicuramente il piccolo villaggio labronico, posto intorno ad una cala naturale a pochi chilometri a sud della foce dell’Arno, collaborava in epoca medioevale col vicino Porto Pisano

Il declino del porto di Pisa

Con il naturale e progressivo insabbiamento di quest’ultimo si ebbe lo sviluppo del piccolo villaggio: i Pisani costruirono un maestoso faro (noto come Fanale dei Pisani), una fortificazione a pianta quadrata (la “Rocca Nuova” e, nel 1392, chiusero l’abitato all’interno di una cinta muraria. Il fiorente scalo, dopo un passaggio tra pisani, genovesi e francesi, finisce nelle mani di Firenze

Il 1500 e la Famiglia dei Medici

I medici si impegnano in un progetto di ampliamento e trasformazione che porta Livorno a essere uno dei principali porti del Mediterraneo. Vengono realizzate numerose opere urbanistiche e ad architetti del calibro di Buontalenti, Pieroni e Giovanni de’ Medici viene assegnato l’incarico di progettare la pianta della ‘città ideale

Il porto franco e le “Leggi Livornine”

A dare la svolta definitiva al destino della città è la proclamazione del porto franco, ad opera di Ferdinando I. Altro passaggio importante è l’emanazione delle cosidette ‘Leggi Livornine’ che danno una serie di privilegi, esenzioni e immunità per tutti i mercanti, di qualsiasi provenienza.
 Tra i principi della costituzione anche la liberà di professione religiosa e politica. 
La città diventa inoltre liberamente accessibile anche a chi risulta colpevole di reato, a patto che quest’ultimo non sia l’assassinio o la falsa moneta. Viene costruito un nuovo quartiere a nord della città, la ‘Venezia Nuova’ così chiamata per la presenza di un ingegnoso e complesso sistema di canali.

Livorno diventa così una città cosmopolita, un crogiuolo di razze e di culture, un posto dove lo scambio, l’integrazione e la relazione umana è un modo di vivere quotidiano. Ed è proprio in questo clima di libertà e fratellanza che nasce il CACCIUCCO.

La leggenda (o storia vera?) del cacciucco livornese

Hamet il piccolo pescatore turco.

Siamo nella seconda metà del 1600, a Karşıyaka, un paese nella baia di Smirne. Ahmet era piccolo e già suo padre pescatore lo portava con sé in barca nella baia, e lui sognava di andare oltre. Un giorno suo padre acconsente di portarlo con sé a Smirne per vendere il pesce della giornata e Ahmet si sentì subito un grande navigatore. Quando tornava dal mare stava nell’osteria di sua madre Mirjam, che cucinava i pesci ogni giorno, quelli che il marito non riusciva a vendere, quelli di piccola taglia perché meno richiesti.

La zuppa di pesce della mamma di Hamet

Mirjam preparava una speciale “balik çorbası” zuppa di pesce che con varie differenze era diffusa in tutti i paesi rivieraschi del mondo sin dai tempi degli Ittiti e dei Fenici. La preparava in maniera originale: tutti i pesci insieme in una grande pentola sul soffritto di cipolla, aglio, capperi, salvia, mezzo bicchiere d’aceto e abbondava con il peperoncino.

Lo sbarco a Livorno

Diventato grande Hamet andava da solo a vendere il pesce a Smirne e qui conobbe Özgür, un ricco mercante che spesso faceva viaggi al porto franco di Livorno per vendere e comprare merci. Özgür raccontava come i Livornesi fossero molto simili a loro (ripeteva spesso “stessa faccia, stessa razza”): commercianti, cosmopoliti, multietnici e accoglienti verso gli stranieri di qualsiasi provenienza e religione. Un giorno Hamet si imbarcò con Özgür alla volta di Livorno dove giunse nel 1963, cent’anni esatti dopo la promulgazione delle leggi livornine. Hamet toccò con mano il fascino di quella città libera e multietnica e decise di stabilirsi a Livorno per sempre. Scaricate le merci, espresse questo desiderio a Özgür che lo presentò immediatamente a un suo cliente turco di nome Soner che da tempo risiedeva a Livorno dove commerciava spezie orientali. “Cosa sai fare oltre a pescare?” gli chiese e non appena seppe che sapeva cucinare gli rispose: “Bene! Apri una taverna vicino al porto, perché i livornesi sono grandi mangiatori!” E gli offrì un suo fondo al momento inutilizzato.

La taverna “Da Ahmet”

Poche settimane dopo Hamet inaugurò la sua taverna dove il piatto forte era la inaugurò la sua taverna “Da Ahmet” dove il piatto forte, era la “balık çorbası” che preparava come faceva la sua mamma ma con una variante: al posto dei capperi mise la salsa di pomodoro, una novità appena del nuovo mondo, giunta a Livorno da un bastimento salpato da Siviglia. Il sapore era talmente nuovo e particolare che la voce si sparse subito e i clienti iniziarono ad arrivare. Agli inizi cercava di spendere poco comprando solo piccoli pesci di varie tipologie, rimasti invenduti sui banchi dei pescatori.

“küçük, küçük!”

A chi cercava di vendergli pesci di taglia più grande ad un prezzo maggiore, Ahmet replicaca: “küçük balik” (pesci piccoli!) e ripeteva più volte: “küçük, küçük!” (piccoli, piccoli!) L’ironia labronica, non tardò ad arrivare e presto i pescatori soprannominarono “Cacciucco” il nostro Hamet, “livornesizzando” la parola turca “küçük”.

La nascita del cacciucco

Presto il nome passò da lui alla sua taverna e subito dopo alla sua “çorbası”: tutti volevano mangiare il Cacciucco! Qualche anno dopo Ahmet sposò Corinna, con la quale aprì una vera e propria osteria nel quartiere Venezia, dove gli avventori facevano la fila per gustare il Cacciucco. Di lui e dei suoi discendenti si sono perse le tracce dopo il disastroso terremoto del 27 gennaio 1742.

Il cacciucco nel vocabolario

Il suo Cacciucco però continuò a vivere e nel 1846 Pietro Fanfani lo introdusse nel vocabolario dell’uso toscano: è la prima volta che il termine Cacciucco appare in uno scritto. Nel vocabolario si legge: “Cacciucco sost. Specie di vivanda marinaresca, composta di moltissimi ingredienti. – Con maniera bassa Pigliare tutto il cacciucco, significa Pigliare insieme tutti in una volta. Ordinariamente dicesi di arresti fatti dalla Polizia. Es.: Stamattina è stato preso il caporione con tutto il cacciucco.”

Pellegrino Artusi

Nel 1891 Pellegrino Artusi inserisce il Cacciucco nel suo famoso libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, uscito in oltre 15 edizioni: per la prima volta la ricetta di Hamet viene descritta minuziosamente e il cacciucco livornese entra nella letteratura….e nella grande cucina. “Per grammi 700 di pesce, trinciate fine mezza cipolla e mettetela a soffriggere con olio, prezzemolo e due spicchi d’aglio intero. Appena che la cipolla avrà preso colore, aggiungete grammi 300 di pomodori a pezzi, o conserva, e condite con sale e pepe. Cotti che siano i pomodori, versate sui medesimi un dito d’aceto se è forte, e due se è debole, diluito in un buon bicchier d’acqua. Lasciate bollire ancora per qualche minuto, poi gettate via l’aglio e passate il resto spremendo bene. 
Rimettete al fuoco il succo passato, insieme col pesce che avrete in pronto, come sarebbero, parlando dei più comuni, sogliole, triglie, pesce cappone, palombo, ghiozzi, canocchie, che in Toscana chiamassi cicale, ed altre varietà della stagione, lasciando interi i pesci piccoli e tagliando a pezzi i grossi. 
Assaggiate se sta bene il condimento; ma in ogni caso non sarà male aggiungere un po’ d’olio tenendosi piuttosto scarsi nel soffritto. 
Giunto il pesce a cottura e fatto il cacciucco, si usa portarlo in tavola in due vassoi separati; in uno il pesce asciutto, nell’altro tante fette di pane, grosse un dito, quante ne può intingere il succo che resta, ma prima asciugatele al fuoco senza arrostirle.

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