Quando arriva la primavera sulle tavole dei Lucchesi arriva anche la Gamurgia, un piatto molto raro e sconosciuto che si prepara solo per poche settimane l’anno, quando la natura si risveglia regalandoci le sue freschissime primizie: carciofi, fave, piselli, asparagi e cipollotti.
Lucca è entrata a far parte del Granducato di Toscana solo alla vigilia dell’Unità d’Italia: Repubblica indipendente fino al 1805 e Ducato di Lucca fino al 1847, ha tradizioni culinarie (e non solo) che non appartengono al resto della Toscana. La Gamurgia quindi è un piatto sconosciuto anche solo pochi km fuori dalla città di Lucca. Ed è questo a renderlo estremamente affascinante: solo lucchese e solo primaverile, si ritrova raramente sulle tavole delle famiglie e ancora più sporadicamente nei ristoranti della zona.
Parente stretta della Vignarola laziale, piatto povero contadino, all’apparenza la Garmugia potrebbe sembrare di origini umili. Non è così: è sempre stato un piatto destinato alla nobiltà fin dal ‘600. Nella Gamurgia infatti le primizie di stagione stanno insieme al macinato di carne magra di manzo e alla pancetta di maiale o prosciutto, per una zuppa ricca, compatta e non brodosa. La cottura avveniva lentamente nel camino, per avere a disposizione in ogni momento della giornata una zuppa calda per gli ospiti o per un consumo casalingo. Sembra infatti che la Gamurgia fosse usata per curare gli affanni della ricca borghesia lucchese.
Alcuni pensano che derivi da “germoglio”, altri dalla parola francese “gourmet”, in ricordo dell’influenza francese esercitata sulla città di Lucca dalla Duchessa Elisa Bonaparte Baciocchi. In vernacolo lucchese con il termine Gamurgia si indicava la gorgiera, un collaretto di stoffa tutto sbuffi e increspature che era un’accessorio d’abbigliamento comune per i nobili: sembra che il nome del piatto in questione derivasse proprio da qui.
Fu la Marchesa Maria Luisa Incontri Lotteringhi della Stufa a riscoprire questo antico piatto, inserendo la ricetta nel suo libro “Pranzi e Conviti”, pubblicato per la prima volta nel 1965. Essa lo consigliava come ricostituente dopo lunghe malattie.
Un tempo veniva cotta lentamente sul fuoco del camino in pentoloni di terracotta. Il fuoco quindi deve essere lento in ogni fase della cottura.
1) Tagliare le cipolline a fette sottili e lasciarle lentamente imbiondire in una casseruola con l’olio
2) Appena iniziano a imbiondire, unire i piselli e le fave fresche, quindi sale e pepe quanto basta.
3) Dopo pochi minuti aggiungere la pancetta tagliata a cubetti e la carne macinata
4) Far prendere colore e sapore tenendo coperto qualche minuto
5) Unire adesso le punte di asparagi e i carciofi tagliati a fette sottili
6) Portare a cottura bagnando con il brodo, possibilmente di verdura
7) Tostare il pane oppure friggerlo per aggiungerlo alla zuppa prima di servirla
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