• 300 gr di farina di castagne • 4 cucchiai di zucchero • 1 bicchiere d’acqua • 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva • 50 gr di uvetta • 50 gr di pinoli • 50 gr di noci sgusciate2 rametti di rosmarino fresco • un pizzico di sale
Preparazione
Accendere il forno a 200 gradi.
Setacciare la farina in un recipiente ed aggiungere acqua, gradualmente, mescolando con una forchetta eliminando tutti io grumi eventuali.
Una volta ben amalgamata aggiungere lo zucchero, il sale e l’uvetta fatta rinvenire in poca acqua tiepida, una manciata di pinoli, una di noci tritate e due cucchiai di olio.
Mescolare ancora
Ungere una teglia da forno non spessa (in genere mezzo cm, alla livornese 1 cm e mezza) con abbondante olio d’oliva o rivestire con carta forno.
Rovesciare il composto
Decorare la superficie con i rimanenti pinoli, le noci, il rosmarino ed un filo di olio
Infornare per circa mezz’ora (il tempo di cottura dipende dallo spessore dello strato) fino a quando la superficie diventa screpolata e asciutta.
Servire il castagnaccio tiepido.
LA CASTAGNA, IL PANE DEI POVERI
Bastava salire di poco nelle zone appenniniche e subito la farina di castagna sostituiva la farina di grano. Per questo era detto il pane dei poveri, perché molto meno costoso (oggi non è più così, il prezzo della castagna è più alto, specialmente quello della buonissima varietà italiana chiamata “marrone”).
LA CASTAGNA E…. UN PIZZICO DI CREATIVITA’
Insomma la castagna ha calmato la fame di moltissime persone, che, gioco forza, si sono dovute ingegnare per variare il loro pasto a base di castagna: farinate, ballotte, bruciate, necci, pattone, focacce etc… e, su tutte, il castagnaccio.
PILADE DA LUCCA E LE ORIGINI DEL CASTAGNACCIO
Il castagnaccio è la più conosciuta e diffusa tra le diverse realizzazioni a base di farina di castagne. Le sue origini risalgono al XVI secolo. Nel “Commentario delle più nobili e mostruose cose d’Italia” del 1554 vi è anche un breve catalogo dedicato agli “inventori delle cose che si mangiano e bevono”. L’autore, Ortensio Lando, ci racconta che Pilade da Lucca fu il primo che “mangiasse castagnazzi, e minestra di semola, e di questo ne riportò loda”. Il castagnaccio lo faceva sicuramente con la farina delle castagne della vicina Garfagnana, la cui fama si è mantenuta intatta fino ad oggi.
L’OTTOCENTO: IL CASTAGNACCIO DIVENTA PIU’ BUONO ED ESCE DALLA TOSCANA
L’Ottocento per il castagnaccio fu un secolo fondamentale. Primo perché la ricetta diventa notevolmente più gustosa e ricca: non più solo farina di castagne, sale, olio, e acqua, ma si aggiunge uvetta, pinoli, noci e si condisce con foglie di rosmarino. Secondo perché dalla Toscana il castagnaccio si diffonde in tutta Italia.
ALTRI NOMI TOSCANI
A seconda delle zone il castagnaccio viene chiamato “baldino” nella zona di Arezzo, “ghirighìo” nelle campagne fiorentine, mentre a Livorno “toppone”, perché sono soliti farlo più denso e spesso.
IL CASTAGNACCIO OGGI
Con la ricetta dell’Artusi il castagnaccio inizia a comparire nei ricettari d’Italia. Nel secondo dopoguerra, gli anni del boom economico, scompare quasi del tutto dalle tavole degli italiani, ma in tempi recenti è stato riscoperto ed è tornato ampiamente di moda: oggi al castagnaccio sono dedicate varie sagre fra ottobre e novembre in molte zone della Toscana.